Lui & Lei
Caldo vento d'estate
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04.08.2020 |
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"Mi accorsi che in quella posizione eravamo esposti alla vista dei passanti che risalivano verso la spiaggia..."
“Mi alzai di scatto ma non feci in tempo a ribattere perché con uno strattone avvicinò il mio bacino a lei e, dopo avermi tirato giù il costume con un movimento secco, si avventò sul mio pene già granitico. L’incontro fra il glande e le sue labbra carnose, umide e calde mi procurò un fremito di piacere ininterrotto ed incontrollato lungo la schiena.”Premesse
Secondo racconto, ispirato all’elemento Aria.
Sempre graditi commenti anche negativi (ma costruttivi) per migliorare.
N. B.: il racconto segue un taglio narrativo-descrittivo, non vi è un “tutto e subito”. Chi non apprezza o è impaziente può andare direttamente al secondo paragrafo.
ARIA: Caldo vento d’estate
La brezza del mare spirava decisa, facendo ondeggiare la mia mano che penzolava pigra dal finestrino. Il vento di maestrale rinfrescava appena mente e corpo in quella torrida giornata estiva.
Temperature record, avrebbero detto i bollettini meteo. Effettivamente mi ritrovai ben presto la camicia umida e la fronte imperlata da goccioline di sudore nonostante fossero solo le nove del mattino.
Era stata una settimana stressante e sentivo la necessità di staccare la spina dalla massacrante routine quotidiana. Così mi svegliai presto, presi un caffè fugace e mi misi in viaggio con l’idea di macinare qualche chilometro in più del solito verso la costa in cambio di un angolo di tranquillità.
Potevo vedere i raggi del sole assonnati stagliarsi all’orizzonte, tingendo il panorama di un arancio che man mano lasciava spazio al cielo, terso, di un azzurro intenso e profondo.
Trattandosi di un giorno feriale, non trovai molto traffico in direzione del litorale e il clima era stato particolarmente clemente nei miei confronti: in lontananza potevo vedere una distesa piatta, quasi immobile che si perdeva a vista d’occhio per poi dissolversi e diventare un tutt’uno con il cielo. Il mare era una tavola.
Parcheggiai nelle vicinanze di un accesso alla spiaggia libera a cui si approdava dopo aver percorso una passerella di legno dissestata che si snodava fra la vegetazione della macchia mediterranea. Percorrendo quel breve sentiero, sentivo le assi scricchiolare sotto i miei piedi, immerso nel fruscio della sterpaglia che ondeggiava lentamente al vento. A metà della passerella, prima di iniziare la discesa verso la spiaggia, si aprivano degli anfratti nella vegetazione, dove, all’ombra della pineta, il canto delle cicale si faceva quasi assordante.
Giunto sulla spiaggia ancora poco popolata, mi tolsi le scarpe e sentì la sabbia tiepida scaldarmi le piante dei piedi: era finissima e soffice, quasi candida, quasi neve.
Lascia cadere il mio zaino poco prima del bagnasciuga ed entrai in acqua lasciando che il mare cristallino lambisse le mie caviglie, per poi ritirarsi pigramente, lasciando sotto di sé la sabbia dorata ed umida.
Dopo quel primo assaggio di mare, tornai verso la spiaggia, srotolai il mio asciugamano e mi stesi su di esso, con lo sguardo rivolto verso il cielo, contemplando qualche nuvola solitaria di passaggio, mentre la brezza di mare mi accarezzava il viso, scompigliando con delicatezza i miei capelli.
Cullato da quest’atmosfera rilassante caddi in un sonno profondo. Quando riaprì gli occhi avevo completamente perso la cognizione del tempo ma, a giudicare dal numero di persone che avevano iniziato a popolare la spiaggia, mi resi conto che avevo dormito per almeno un’ora.
Notai che c’era una coppia di anziani attrezzati con sdraio, ombrellone, tavolino e vari contenitori di alluminio che probabilmente custodivano preziose scorte di parmigiana o riso, patate e cozze.
Due donne di mezza età, abbronzatissime, prendevano il sole in prossimità del bagnasciuga mentre un ragazzo, poco più in là, era immerso nel suo mondo con delle grosse cuffie nere calcate sulla testa.
Alla mia sinistra, a un decina di metri, una donna bionda molto attraente nonostante l’età matura, era intenta a scattare delle foto col cellulare alla figlia, in posa vicino ad uno scoglio mentre l’orizzonte alle spalle faceva da sfondo. Sicuramente le avrebbe pubblicate in seguito sui social.
“Le nuove generazioni…”. Pensai fra me e me, scuotendo la testa.
La ragazza sembrava molto giovane, probabilmente poco più che maggiorenne. A dispetto dei tratti un po’ acerbi del viso, il suo fisico sembrava quello di una donna adulta ed allenata: le gambe slanciate valorizzavano le sue curve, strette in un due pezzi rosso fuoco. Aveva la pelle chiara, i capelli color cenere ed uno sguardo magnetico, reso profondo dagli occhi dello stesso colore del mare. Gli zigomi alti suggerivano che venisse dall’est, Russia azzardai. Probabilmente si chiama Irina, pensai, giocando ad indovinare secondo una logica infantile e stereotipata. Rimasi assorto finché lei non si sentì osservata e, nonostante fosse ancora in posa per gli scatti, si voltò leggermente verso di me, rivolgendomi un sorriso. Mi sentì imbarazzato per aver fatto la figura del guardone. Nonostante questo, non potei fare a meno di notare un’erezione incontrollata che aveva preso possesso del mio costume.
Distolsi rapidamente lo sguardo, fingendo che si fosse posato lì quasi per caso, distrattamente. Mi girai di spalle, maledicendo le mie pulsioni sessuali e rivolsi la mia schiena verso il sole, già alto nel cielo.
Poco dopo, iniziai a sentire un leggero bruciore: i raggi cocenti avevano reso la mia pelle rovente e avevo bisogno di un bagno per rinfrescarla. Entrai in acqua velocemente cercando di non scottarmi le piante dei piedi sulla sabbia ed iniziai a nuotare, bracciata dopo bracciata, fino a raggiungere il largo, finché non sentì i battiti cardiaci aumentare a causa della fatica.
Mi fermai e mi resi conto di quanto il mare fosse trasparente: le increspature della superficie si riflettevano sul fondale bianco, regalando agli occhi un suggestivo gioco di luci e colori.
Mentre tornavo verso la spiaggia sentivo ancora il battito del cuore accelerato, i muscoli tesi del petto e dell’addome che si alzavano ed abbassavano assecondando il respiro ancora un po’ affannato. Appena fuori dall’acqua cercai con lo sguardo il mio asciugamano e, alzando la testa, mi sentì osservato: incrociai nuovamente gli occhi azzurri della ragazza, fissi su di me. Era seduta sull’asciugamano, con le gambe incrociate ed una sorta di sorriso arrogante stampato sul viso. In maniera un po’ impacciata cercai di ricambiare ma probabilmente ottenni solo una smorfia indefinita mentre le gocce di acqua salata colavano dalle ciocche dei miei capelli fino agli occhi, facendoli bruciare intensamente.
Proprio mentre passavo davanti a lei, distese le gambe divaricandole, tenendo sempre le ginocchia leggermente flesse. Sapeva che la stavo guardando ed ero sicuro che questo gioco di provocazioni la divertisse molto, dato che puntualmente mi metteva in imbarazzo, rendendomi impacciato in ciò che facevo.
Mi asciugai in fretta e decisi di andare a prendere qualcosa al bar dato che la calura estiva non dava pace. Percorsi di nuovo un tratto della passerella di legno e, affacciandomi al bancone, ordinai una coca cola con ghiaccio e limone, per non cedere alla tentazione di prendere una birra dopo l’altra.
Mentre pagavo vidi la ragazza passarmi accanto, poggiare i gomiti sul bancone con fare disinvolto e chiedere un ghiacciolo alla menta. Dopodiché iniziò a mangiarlo sotto i miei occhi. O meglio, a leccarlo. Le lanciavo delle occhiate furtive e mi accorsi che aveva cominciato ad accarezzarlo con la lingua tenendo lo sguardo fisso su di me. Rimasi ipnotizzato da quel ghiacciolo verde che entrava ed usciva dalla sua bocca mentre lei mi guardava divertita.
Maledissi di nuovo i miei impulsi sessuali e gettai il mio sguardo nella misera coca cola annacquata che stringevo in mano.
Mentre fingevo di contemplare quell’intruglio dolciastro, Irina mi passò davanti e si avviò sulla passerella ma dopo qualche passo si fermò, esclamando qualcosa di indefinito e sollevando il piede scalzo, per massaggiarlo.
- Ti sei fatta male?
Le chiesi avvicinandomi.
- Un po’… Credo di aver calpestato qualcosa di sporgente.
Notai che una piccola goccia di sangue aveva iniziato a raccogliersi laddove prima si stava massaggiando, sulla pianta del piede.
- Dai, ti aiuto!
Le dissi accostandomi a lei in modo che potesse poggiarsi alla mia spalla. Facemmo qualche passo verso la pineta che si affacciava poco più in là sulla passarella, all’ombra degli aghi di pino. Lì c’era una panca malandata in pietra.
Le feci cenno di sedersi, mi inginocchiai ed iniziai ad esaminare la pianta del piede ferito: asciugato il sangue, si notava una piccola incisione sulla pelle, niente di grave.
- Ti fa male?
- Un po’.
In maniera poco ortodossa, presi un paio di cubetti di ghiaccio dal mio bicchiere e li posai in prossimità della ferita, cercando di massaggiarle delicatamente quel punto per alleviare la sensazione di dolore.
Lei si ritrasse con un sussulto per la sensazione di freddo, lamentandosi per il solletico.
- Scusami…
Sussurrai con lo sguardo basso.
- No… In realtà va molto meglio, grazie!
Mi fece lei con un sorriso.
Poi iniziò a fissarmi dall’alto verso il basso e abbassò la gamba fino ad poggiare il suo piede sulla mia coscia. Con un’espressione maliziosa lo spostò verso il mio inguine, iniziando a massaggiarmi il membro, in evidente stato di eccitazione sotto il costume blu.
- Adesso mi prendo cura io di te.
Disse.
Mi alzai di scatto ma non feci in tempo a ribattere perché con uno strattone avvicinò il mio bacino a lei e, dopo avermi tirato giù il costume con un movimento secco, si avventò sul mio pene già granitico. L’incontro fra il glande e le sue labbra carnose, umide e calde mi procurò un fremito di piacere ininterrotto ed incontrollato lungo la schiena. Istintivamente le poggiai una mano sulla nuca, poco sotto lo chignon che raccoglieva i suoi bellissimi capelli biondi ed accompagnai i movimenti sinuosi del capo mente la sentivo gemere sommessamente. Lei era rimasta seduta sulla panca, con le mani conficcate nei miei fianchi. Io ero in piedi, completamente in balia della sua bocca sapiente, sentivo gli schiocchi della lingua e delle labbra contro il mio glande ed il suo palato. Mi accorsi che in quella posizione eravamo esposti alla vista dei passanti che risalivano verso la spiaggia. Questo rendeva il tutto ancora più eccitante. Con uno schiocco liberò il mio pene dalle sua bocca e lo strinse in una presa salda, iniziando a masturbarlo con foga. Le gocce di saliva si staccavano in fili dal mio membro, colando lungo il suo polso e lei sorrideva alla scena, quasi rideva compiaciuta.
Stava per provocarmi un orgasmo precoce così mi staccai da lei in modo brusco, le sollevai le gambe bianche e toniche, poggiando i suoi piedi sulle mie spalle, le scostai il costume rosso con una mano e, mettendomi in ginocchio, iniziai a leccarle avidamente le labbra. Seguivo il loro contorno con la lingua, fino ad arrivare al clitoride e succhiarlo con delicatezza. La sentivo ansimare in preda agli spasmi ogni volta che lo lambivo. Iniziai a penetrarla con un dito, poi due, mentre continuavo a leccarla. Era completamente fradicia e caldissima. Ad ogni affondo i suoi umori si depositavano in quantità sempre maggiore sulle mie dita. Adesso urlava di piacere e mi sembrava che stesse per esplodere.
- Scopami!
Esclamò scostandosi ed alzandosi in piedi.
La spinsi burberamente contro il tronco del pino mentre lei si sfilava il costume rosso, facendolo cadere ai suoi piedi. Vedevo davanti a me il suo fondoschiena perfetto e la sua vagina leggermente rigonfia, come una pesca, sporgere fra le sue natiche, mentre inarcava la schiena pronta per essere montata.
Affondai il mio membro nel suo sesso burroso, rovente ed ospitale. Urlò di piacere.
Iniziai a portare ogni colpo con una foga brutale, incitato dai suoi gemiti di piacere. Sentivo il mio scroto infrangersi contro le sue natiche e i suoi umori colarci lungo le cosce. Mi piegai leggermente per poter raggiungere il suo clitoride con una mano, regalandole una doppia sensazione di piacere indomabile.
Sporgendosi all’indietro, mi guardava negli occhi con un’espressione sconvolta ed estasiate, mi intimava a denti stretti di continuare a scoparla così deciso.
I nostri corpi si muovevano all’unisono, in modo frenetico, come un tutt’uno. Sentivo le sue natiche pressate contro il mio ventre. Lei aveva sollevato appena una gamba, poggiando il piede su una radice sopraelevata e in questo modo potevo penetrarla fino in fondo, sentendo il mio membro affondare completamente dentro di lei, fino all’attaccatura delle palle.
Intravidi la coppia di anziani percorrere la passerella e giungere in prossimità del nostro nascondiglio fra le frasche. Non so se ci videro ma sicuramente ci sentirono…
Le mie dita frizionavano instancabili il suo clitoride mentre sentivo i suoi muscoli contrarsi in maniera sempre più spasmodica.
Inarcò la schiena, urlò in preda ad un orgasmo irrefrenabile e sentì il mio membro inondarsi dei suoi umori che colarono verso il basso prendendo a gocciolare sul terreno.
Si voltò e mentre mi guardava negli occhi, afferrò il mio pene, scostandosi leggermente, per poi puntarlo contro il suo ano.
Il suo orifizio non oppose resistenza al mio glande imbevuto della sua stessa linfa e mi insinuai serpeggiando, con un gemito roco di piacere.
Iniziai a spingermi fino in fondo, dapprima delicatamente per non ferirla, poi con movimenti sempre più ampi e decisi finché non vidi il mio membro scomparire inghiottito dal suo posteriore.
I nostri corpi ripresero a muoversi all’unisono assecondando la nostra implacabile libidine.
Ben presto fu in preda ad un altro vigoroso orgasmo e la sentì inondarsi di nuovo.
Poi si voltò, si inginocchiò e, guardandomi fisso negli occhi dal basso verso l’alto, prese il mio pene in bocca, succhiandolo con foga.
- Vienimi in bocca.
Mi ordinò in un attimo di tregua, continuando a masturbarmi mentre teneva la lingua appena sotto la punta del mio glande.
Al suo comando scandito con autorità sentì un flusso di piacere incontenibile: le inondai la bocca con il mio seme mentre un fiotto la centrò sulla guancia e iniziò a colare verso le sue labbra. Prontamente leccò golosa quel rivolo biancastro continuando a guardarmi soddisfatta mentre io, ancora in preda all’orgasmo, emettevo un gemito quasi afono e mi piegavo leggermente sulle gambe, rese tremanti da quella overdose di lussuria.
Ci ricomponemmo, lasciammo il nostro rifugio ed uscimmo allo scoperto sulla passerella ripercorrendola verso la spiaggia fianco a fianco.
Poco prima che le nostre strade si separassero le chiesi come si chiamasse.
- Alice.
Mi rispose.
Ci dividemmo dirigendoci verso le rispettive postazioni, continuando a seguirci reciprocamente con lo sguardo. Mentre si allontanava continuava a guardarmi e sorridere in modo malizioso: bastò questo per eccitarmi nuovamente.
Mi stesi sul mio asciugamano con lo sguardo verso l’alto lasciandomi accarezzare il viso dalla brezza marina e socchiudendo gli occhi mentre sentivo ancora l’odore di Irina (Alice) nell’aria. Mi lasciai cullare da quei pensieri appaganti prima di concedermi un bagno rinfrescante in quella torrida giornata estiva, in cui persino il vento sembrava essere rovente.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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